Palliativo, ovvero: utile
Le cure destinate ai malati terminali sono tutt’altro che inefficaci: possono aiutare il paziente ad affrontare con dignità l’ultima parte della vita. A causa della longevità della popolazione saranno sempre più necessarie. Mancano invece gli specialisti in questo settore della medicina.
Non solo riduzione del dolore, ma un supporto concreto per garantire comunque qualità della vita a quei pazienti che non possono sperare più in una guarigione. È lo straordinario potenziale delle cure palliative, da sempre considerate quasi una terapia di ripiego nonostante siano in grado di ridurre notevolmente lo stato di sofferenza generale del malato e, a volte, di aiutare psicologicamente la sua famiglia. Per questo è nato, in seno alla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici, il Gruppo di Lavoro per la promozione delle cure palliative, il cui lavoro sarà dedicato soprattutto a trasmettere una nuova cultura della terapia del dolore, ancora troppo viziata da preconcetti e disinformazione.
“I cittadini oggi non sanno neppure di avere diritto legale a questo tipo di cura – dice Fulvio Borromei, Coordinatore nazionale della FnOmceo Cure Palliative e Presidente dell’Ordine dei Medici di Ancona – quando invece c’è una legge specifica, la 38/2010 che lo stabilisce. Occorre far sapere che esiste questa possibilità, perché molti non sanno di poter essere assistiti anche in casa, migliorando sensibilmente la loro qualità di vita, anche se terminale, ed alleviando il peso dell’assistenza che pesa sulle loro famiglie. In realtà oggi non esiste nel Paese una cultura della palli azione”.
In realtà nel Paese non esistono neppure figure professionali specializzate in questo settore della medicina e non esiste una specializzazione post laurea in palliazione: quasi tutti i medici impegnati in queste cure sono per lo più geriatri, anestesisti, oncologi che hanno sviluppato le proprie competenze. E anche il contesto italiano è piuttosto controverso se i dati di una ricerca Agenas dicono che solo il 18,5% delle strutture dedicate alle terapie palliative risponde a tutti i criteri stabiliti dalla legge, mentre il 42% possiede solo i criteri minimi. Una carenza da imputare forse agli scarsi fondi destinati, o forse ad una esigua richiesta perché molti non sanno di aver diritto a questo genere di cure.
Attualmente sono circa 250mila le persone in Italia che necessitano di cure palliative: di queste 160mila sono malati oncologici, 90mila sono affetti da patologie degenerative. Ma la longevità crescente della popolazione fa ipotizzare che il ricorso a questo genere di terapia è destinato ad aumentare in modo vertiginoso. “È proprio qui che vogliamo intervenire – conclude Borromei – consapevoli che laddove c’è una minima possibilità di migliorare lo stato,, anche solo psicologico, del paziente, essa va colta. Anche questo è essere medico”. Ed è anche l’altra faccia del dolore dopo i casi di eutanasia più o meno legalizzata di cui si è parlato nelle ultime settimane: scegliere di vivere comunque, con tutto il sollievo possibile.